La forma della Rete

Sto riflettendo da qualche giorno sul web e sulle diverse forme che ha attraversato negli ultimi dieci anni, circa. Con forma intendo non solo l’importanza crescente o meno di alcuni siti, ma anche le meccaniche che intersecano questi grandi poli telematici e gli utenti, i bloggers, i curiosi e via dicendo. Paradossalmente la rete del 2013 può essere vista come un sistema molto più centralizzato rispetto a quello iniziale, nonostante le dimensioni siano infinitamente maggiori. Vediamo se riesco a farti capire cosa intendo…

Prima di approfondire il discorso ci tengo a mettere in luce dei punti fissi, dei parametri entro i quali confinare il discorso, giusto per non creare confusione inutile e aiutarti meglio a intendere quello che dico e dove voglio andare a parare.
Il primo di questi è l’esclusione dei motori di ricerca dal discorso. Nonostante aziende come Google, Microsoft, Yahoo abbiano decuplicato i servizi rivolti ai loro clienti, i loro sistemi di ricerca non hanno subito considerevoli mutamenti nel modo e nella funzione. Di fatto possiamo considerarli come degli attori super partes che in tutti questi anni si sono limitati a rimanere al confine del cerchio per raccogliere la palla e rispedirla in campo direzionando meglio il tiro. Se ci pensi usi la barra di ricerca oggi come la usavi nel 2003.
Secondo aspetto, a mio avviso predominante all’interno di tutto il discorso, è l’importanza delle meccaniche. Quando il popoli di internet decide di fare le cose in un certo modo, o è spinto verso uno nuovo più accettabile, tutto il resto si adegua. Certe funzioni, certi sistemi sono divenuti tali a causa del mutamento delle meccaniche con cui venivano utilizzati e non il contrario. Una cosa molto importante da considerare nel momento in cui vogliamo cercare di dare uno sguardo da posizione elevata a quello che è oggi il web.
Infine, piccola postilla, vediamo di parlare dell’argomento con un occhio globale, perché se ti limitassi a osservare le cose dal di qua delle Alpi potremmo anche concludere questo pezzo in poche, pessimistiche, righe.

Diciamo che all’inizio eravamo tutti degli spettatori con il diritto di porre domande indirette agli attori. I primi siti venivano raggiunti con il passaparola, alcune rare pubblicità e soprattutto i motori di ricerca. C’era ancora la bella abitudine di scrivere il nome completo del sito con il www e il .qualcosa prima e dopo. Insomma, facendo una similitudine, navigavamo ancora a memoria e con qualche rara cartina. Lo scenario in sostanza era questo:

01_Principio

Come puoi vedere il motore di ricerca era ancora al centro dell’attenzione, serviva per trovare la strada più che la risposta. Se ci fai caso oggi si dice “prova a googlare” per indicare la ricerca di una soluzione a una domanda tramite internet. Una volta non solo non si diceva, ma Google veniva usato per trovare una destinazione e non solo risposte.
Poi le cose hanno cominciato a cambiare, abbiamo cominciato a navigare in modo più disinibito, come quando i marinai mollarono le coste e si affidarono alle stelle. Inoltre avvenne un cambiamento concreto che potrebbe essere visto come la prima “Rivoluzione della Rete”: alcuni coraggiosi e capaci utenti si sono spostati oltre i motori di ricerca, sono diventati essi stessi oggetto di ricerca e diffusione delle informazioni. Ti sto parlando dei primi blog.

Il blog ha cambiato tutto, è la pietra fondamentale che ha dato il via alla costruzione dell’internet dell’opinione, quello in cui ti trovi ora sostanzialmente. Come la stampa di Gutenberg ha permesso al popolo di assimilare informazioni in maniera più immediata e facile, così il blog ha fatto il contrario, ha permesso alle persone di sputare, lanciare informazioni, pensieri, opinioni lungo tutte le dorsali telematiche di questo mondo. Mi sto riferendo ad un livello ancora embrionale, in cui i grandi siti (giornali, Youtube, Wikipedia) la facevano ancora da padroni indiscussi e i blog erano in sostanza delle pagine di diari virtuali in cui uno poteva sfogarsi liberamente sapendo che quel diario, a differenza di quello custodito gelosamente durante l’adolescenza, era di pubblico dominio. Facendo un piccolo salto logico, per non tenerti davanti allo schermo fino a notte fonda, consideriamo blog/pagine di diario anche strumenti radicalmente diversi come i video di Youtube o i Podcast, comunque espressioni diverse dello stesso concetto: qualcuno ha qualcosa da dire e può farlo.
Inoltre, da considerare anche che i grossi siti in grado di veicolare informazioni erano le fonti attraverso le quali i piccoli scrittori in erba raccoglievano materiale su cui scrivere o con il quale confermare le proprie tesi/teorie/considerazioni, nonché origine di molti spunti sui quali scrivere il post del giorno. Siamo ancora lontani nel tempo e nel pensiero al momento in cui siti come Repubblica.it prendono i post di blogger famosi per dare vita ad una notizia. Si trattava di un dialogo unilaterale, una sorta di distillato. In sostanza la situazione era pressapoco così:

02_BlogPoteva capitare che qualche blog più famoso degli altri diventasse un piccolo punto di riferimento, in grado di pubblicizzare realtà minori e quindi diventare esso stesso un output di materiale da rielaborare, ma si trattava comunque di uno scenario piuttosto inusuale.
Poi ci fu l’avvento dei commenti e dei forum. I commenti erano limitati al singolo sito, volevi commentare su 5 siti? Dovevi farti 5 account diversi. Lo stesso per il forum, in genere retrobottega di discussione di un qualche sito particolarmente seguito. Ah! Nota: nonostante stia separando le due cose tieni conto che blog e forum sono nati a pochissima distanza uno dall’altro, quasi in contemporanea. Quindi cos’era la rete? Nulla di particolarmente complesso ancora, una sorta di quartiere dove ognuno aveva la sua casetta semplice o vistosa e quando voleva parlare con altri li invitava nel salotto o in giardino. Cinicamente potrei dire che ci si lavava ancora i panni sporchi in casa.
Realtà ancora isolate nel complesso, unite dalla parola del visitatore: “Ho letto in un altro blog… aspetta ti passo il link così ci dai un occhio…”. Dovevi comunque uscire di casa e andare a curiosare nella villetta digitale di qualcun altro. L’indirizzo era ancora fedele alla sua etimologia: ti indicava la via, ma dovevi arrivarci cliccando, seguendo la strada. Entrando in una realtà diversa ancora isolata.
Il periodo del forum e del commento, nonostante sia ancora in buona salute, è rimasto per breve tempo come realtà dominante. Anche perché non poteva nulla contro quella che a mio personalissimo avviso è la seconda Rivoluzione della Rete. La più grossa, quella che ha consegnato al mondo due parole: condivisione e social.

Come per la Rivoluzione Francese, quella Industriale e quella Scientifica, anche quella avvenuta in Rete è il risultato di un cammino. Non è che i parigini si sono svegliati una mattina e BAM! Viva la Rivoluzione!; così come il metodo sperimentale non è arrivato insieme alla distaccamento di dottrine scientifiche tutto in una volta. Anche il web ha visto il nascere del fenomeno social un pezzo per volta. Prima si è passati per il periodo del narcisismo: i proto-social come Netlog o MySpace erano usati per auto-ritrarsi in un affresco lusinghiero e tanto fedele al celebre quarto d’ora di celebrità di Warhol. Attraverso la paginetta personale si veicolava un’immagine di se stessi e poco altro, si era ancora convinti di poter cuccare con una foto ben fatta e qualche frase d’effetto e profonda (una tendenza ancora in auge, sia chiaro). Non si aveva ancora il concetto di condivisione, nemmeno quello di social nel senso totale del termine. Raramente si usava il proprio profilo per far “rimbalzare” un informazione, una notizia o altro, e l’esporsi era tutto per la propria figura. Non si esprimevano grandi opinioni dell’esterno, non si usavano gli “Stati” per dire la propria su quello che stava succedendo. Insomma, non si faceva ancora piazza, cagnara. Diciamo che le cose stavano più o meno così:

03_Protosocial

Ancora una volta i veri padroni dell’informazione, della prima fonte sono le grosse realtà. Con un paio di modifiche: si affacciano i siti amatoriali particolarmente famosi, alcuni quotidiani e organi di divulgazione prima cartacei si spostano in internet e diversi blog iniziano ad avere un’importanza considerevole nel panorama delle notizie e della creazione di materiali. Io iscritto a MySpace mi faccio bello, leggo le notizie, vado sui forum a discutere e magari, se capita l’occasione, pubblicizzo la mia pagina, il mio profilo. Pubblicizzo me stesso e basta.
Quando possiamo quindi parlare di vero e proprio social? Se volessimo dare un periodo indicativo potremmo dire con la comparsa dei primi bottoni per la condivisione, le prime funzioni per far rimbalzare le informazioni dal mio profilo a quello di qualcun altro. Con la parola tag, share, hastag e via dicendo…
Perché? Perché ci verifica un ulteriore mutamento nella forma del web, nelle meccaniche, nel concetto stesso di utilizzo della rete. Si concretizza appieno quello di cui ti parlavo prima: il motore di ricerca adesso risolve problemi, non indica la via. Non usiamo praticamente più Google scrivendo: sito salumiere; ma scriviamo: Come tagliare salame correttamente. La differenza potrebbe apparire sottile, ma di fatto è enorme. Infine c’è il cambiamento più grande in assoluto, quello che ha forgiato il web che ancora adesso vediamo.
Il mio profilo social non è più una rappresentazione di me stesso, ma sono io in persona (virtuale), attraverso la mia pagina Facebook non veicolo più un’idea di me e basta. Ho la mia voce con i post e i pensieri, i miei occhi con le foto, la mia testa con la condivisione di cose che ho visto nel web, di cose che ho creato io stesso. I Social Network sono divenuti dei buchi neri che, a differenza di quelli astronomici, risucchiano tutto per poi risputarlo verso persone, siti e realtà precise indicate dagli agenti al loro interno (noi). A questo si affianca lo spostamento della scala gerarchica. I siti di informazione non creano più informazione per poi darla agli utenti, ma la prendono dagli utenti per darla… a qualcun altro. Francamente c’è ancora confusione su questo ultimo aspetto. Forse perchè sono stati tagliati fuori. Il nuovo taglio di Lady Gaga non te lo mostra più Donna Moderna, ma direttamente la cantante su Twitter. Il massimo che Donna Moderna può fare è quello di ricamare una bella notizia sull’evento, più per portarti verso il tweet che non per farti sapere la cosa. Infatti, se noti, i giornali hanno smesso di riportare i fatti e basta, ora esprimono opinione, in virtù del fatto che molti degli avvenimenti li conosci già e non ha senso che qualcuno te li ripeta. Il social smista materiale, lo crea e mette l’uomo al centro dell’operazione. Potremmo dire quasi che i social suono umanisti. Così, per sorridere…

Facci caso: quand’è l’ultima volta che hai scoperto un sito, un blog in modo autonomo navigando a caso? E quand’è stata l’ultima volta, invece, che hai scoperto qualcosa di nuovo per la condivisione di qualcun altro? Molto probabilmente questo stesso articolo lo starai leggendo dopo averlo visto nella condivisione di qualche tuo amico.
Tutto questo ha comportato dei cambiamenti profondi, tanto intrinsechi e forti che non posso nemmeno farti vedere la cosa attraverso uno dei brutti disegni a mano che ho usato fino ad adesso, ti basti sapere che ci sono un sacco di freccette in tutte le direzioni ma che al centro c’è un enorme cerchio chiamato Social. Che può essere Facebook, Twitter, Google+, Instangram… e via dicendo.
In un certo senso la rete ora più semplice da concettualizzare perché la centralità della condivisione ha portato i social ad essere un infinito punto di input e sorgente di output, una zona di smistamento dalla quale partono tutti gli utenti alla ricerca di qualcosa. Più o meno in questo modo…

04_Social

In questo modo, inoltre, sono aumentati esponenzialmente i tipi di comunicazione indiretta con cui spostiamo le notizie, anche fra realtà molto vicine a noi (mai capitato di condividere una cosa con un amico piuttosto di parlargliene un’ora dopo davanti ad una birra?). Con l’aumento degli strumenti per attuare queste meccaniche, per approfondire, si è anche messo in moto un meccanismo che rende tutto immediato e in un certo senso poco filtrato, un meccanismo in un certo senso pericoloso perché non lascia che le cose si chiariscano, che i puzzle si compongano prima di esporsi al pubblico. Molte notizie, date a bruciapelo, sono state completamente smentite una volta raccolti tutti gli elementi.

Possiamo provare ad immaginare il futuro? Con un poco di fantasia forse.
Un futuro in cui il social porta a disgregare maggiormente i vecchi “contenitori” di informazioni. In un certo senso sta già succedendo con le applicazioni che ti permettono di selezionare le fonti per creare dei vettori informativi personalizzati (Flipboard, Feedly, Pulse), ma ad un livello più profondo, in cui gli avvenimenti, le informazioni sono veicolate direttamente dalla fonte originale per poi diventare notizia senza altri passaggi. Inoltre aumenterà ancora di più la velocità di diffusione, basti pensare ai Google Glass: un flusso costante e immediato di informazioni direttamente, senza filtri. Un esempio?

  • Ieri: Se mi rapinano chiamo i carabinieri, il giornale ci fa una notizia, chi mi conosce lo viene a sapere dal giornale.
  • Oggi: Mi rapinano, chiamo i carabinieri e intanto mentre arrivano lo scrivo su Twitter.
  • Domani: Mi rapinano e la cosa appare immediatamente sul mio profilo. In mondovisione, alè!

Un poco strano forse, ma non così irreale. Questo comporterebbe alcune cose.
Il giornale non fa più la notizia, perché tutti lo sanno già, lo hanno visto accadere quindi si elimina non solo la versione del giornale ma anche quella del diretto interessato che raccontandola magari poteva ricamarci.
I carabinieri vengono informati durante il fatto stesso, volendo potrebbero muoversi molto più velocemente. Senza contare la possibilità di un maggior numero di informazioni se la cosa fosse ripresa visivamente.
Possiamo dire che ci stiamo auto-monitorando? Forse, in un certo senso se prima scrivevo un blog e qualcuno lo scopriva, poi lo scrivevo e lo mettevo in condivisione, infine, un domani, il mio profilo twitter recita: “Sta scrivendo per poi pubblicare..:” è un controllo costante auto imposto. Insomma, creeremo una cronaca attimo per attimo, una copia uno a uno del nostro presente, per lasciarlo impresso senza filtri nel futuro.
E la rete avrà la forma stessa del mondo e dell’uomo.

5 comments

  1. Articolo davvero interessante! Lo assimilo e ci penso un po’ su.

    Sai che mi stai facendo venir voglia di aprire un blog?

  2. Per esempio, pensavo così, d’impulso (potrei stare straparlando, ma come sapete non mi sono mai fatto problemi in merito): Gli organismi più primitivi (ricci di mare, meduse, creazionisti…) un cervello non ce l’hanno proprio: hanno una rete di nervi collegati l’uno con l’altro, ma manca un vero e proprio centro, come agli albori della rete (parlo di preistoria proprio) ci si limitava a mandarsi messaggi via email da persona a persona. i cervelli degli orgnnismi inferiori (gli anellidi, le planarie, i leghisti…) sono costituiti da gangli di nervi, da i quali si diramano le numerose connessioni verso la periferia. Più si sale di complessità, più il cervello si decentra: da quanto ricordo (se sto scrivendo una bestemmia ditemelo!) la corteccia cerebrale è omogenea, uniforme. Non mi pare ci siano gangli al suo interno (sto parlando, sottolineo, solo della corteccia, la parte che ospita il pensiero intelligente. Quella che i berlusconiani non hanno, per intenderci.). Ciò a cui penso è, se non una vera e propria evoluzione parallela, quantomeno un’evoluzione convergente: in modi diversi, magari per motivi diversi la natura (?) arriva a soluzioni simili di fronte a problemi simili: gestire un organismo sempre più complesso, andando oltre la simile sopravvivenza.

    1. La natura arriva a soluzioni simili per problemi simili? Ti rispondo con una serie di domande…
      Perchè la rete spesso è stata paragonata ad un enorme cervello?
      Perchè la macchina più agognata è un droide uguale a noi?
      Perchè cerchiamo di costruire computer con IA sempre più simili al cervello?

      Penso tu abbia capito che la mia risposta alla tua domanda è un secco sì. Anche perchè, se ci pensi, così a spanne e al volo, la stessa cosa succede anche a livelli meno biologici e più culturali: quante culture hanno dato risposte molto simili, magari con miti e leggende di poco differenti, allo stesso dubbio nonostante fossero in continenti diversi?
      Io sono pienamente convinto che ci siano degli assiomi secondo i quali si muove tutto il creato, in fondo se scendiamo a livello sempre più molecolare troviamo che tutto è composto dalla stessa particella. Un volo pindarico, per l’amore del cielo, ma forse nemmeno tanto.

  3. Che l’evoluzione convergente esista in natura è indubbio. La mia domanda è: esiste un punto che delimita ciò che è naturale e ciò che è artificiale?
    Un computer può essere definito naturale? Internet? La mia risposta, di getto, sarebbe no, ma poi continuo a trovare somiglianze tra gli artefatti dell’Uomo e le opere della natura e mi chiedo: e se, con tutto il nostro estro creativo e pensiero astratto, non fossimo meno naturali di una termite?

    1. Non tanto se usi la proprietà transitiva. L’uomo è naturale, agisce con elementi di origine naturale per creare cose che diciamo artificiali, ma transitivamente sono naturali. Un po’ come quando si distingue invenzione da scoperta:
      l’ elettricità è una scoperta… internet è un’invenzione
      Sicuri? O forse internet è una scoperta? Nel senso che l’uomo ha scoperto come mettere correttamente certi elementi per creare quella cosa?

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